Confcommercio, a rischio usura un’impresa su quattro

Sono oltre 40mila le aziende del terziario, quasi una su quattro, soprattutto del Meridione, che  nel breve periodo, potrebbero entrare nel mirino degli usurai a seguito soprattutto di perdita di fatturato, carenza di liquidità, difficoltà di accesso al credito e burocrazia impossibile.

Questo il preoccupante quadro emerso nell’ottava “Giornata della Legalità”, un’iniziativa ideata da Confcommercio nazionale con l’obiettivo di promuovere e rafforzare appunto la cultura della legalità.

Nella circostanza, il presidente dell’associazione di categoria, Carlo Sangalli, ha ricordato che, per evitare infiltrazioni malavitose in seno al tessuto produttivo, sono necessarie azioni in grado di supportarlo concretamente in questo momento di grande difficoltà.

Tra queste,  indennizzi adeguati e tempestivi, moratorie fiscali e creditizie ampie ed inclusive, la sospensione e la rateizzazione degli impegni fiscali, facilitazioni per l’accesso al credito e un allentamento delle misure che, al momento,  consentono solo all’esterno il servizio di ristorazione, opzione impraticabile per oltre 100 mila imprese, specie quelle delle aree montane. Un’istanza, questa, ribadita dallo stesso Sangalli anche nel confronto che il premier Mario Draghi ha avuto ieri con le parti sociali.

Tema centrale dell’ evento, cui ha preso parte anche il Ministro dell’Interno Lucina Lamorgese, è stato la presentazione di uno studio che ha fotografato dinamiche, peculiarità e rischi correlati appunto all’usura, particolarmente insidiosa in un contesto economico che vede a rischio la sopravvivenza di non meno 300 mila imprese del terziario.

L’indagine si è sviluppata attraverso il coinvolgimento di oltre 1.500 unità produttive di commercio, ricettività e pubblici esercizi con meno di 10 addetti e ubicate in 9 città italiane di ampia estensione e forte densità anagrafica.

Il monitoraggio ha in primis evidenziato quelle che sono le maggiori criticità per gli operatori economici, ovvero la riduzione del volume di affari (50,7%), la carenza di denaro contante, le maglie troppo strette di accesso al credito (35,3%) e la complessità della burocrazia (14%).

Uno scenario che, per i timonieri d’azienda intervistati, ha portato nel 2020 ad un chiaro incremento dell’usura, aumentata di ben 14 punti percentuali sul 2019 e percepita in crescita dal 27% degli interpellati.

Un fenomeno che, per le imprese, sfrutta in particolar modo  l’insufficiente apertura degli istituti di credito verso le aziende. A questo riguardo, un dossier della Banca d’Italia riporta come, nell’ultimo anno,  siano circa 295 mila gli operatori economici ai quali le risorse sono state negate o concesso comunque in misura minore rispetto a quanto richiesto.

L’indagine  ha anche segnalato che, solo nel mese di aprile, ben il 12% degli imprenditori, afferenti a piccole aziende di commercio, pubblici esercizi e ricettività, hanno subito pressioni per vendere le rispettiva attività.

In merito, il Report ha rilevato pure come le mancate denunce, derivino dalla paura di subire ritorsioni, dalla percezione di essere abbandonati e dalla poca fiducia nella giustizia, sentiment presente nel 25% dei soggetti intervistati. Lo studio, attingendo da focus e informazioni di varie fonti, si è provato poi a delineare l’entità dei correnti tassi di usura (circa il 15% mensile sull’importo concesso), un’azione criminosa posta in essere dai grandi circuiti criminali che trovano spesso preziosa sponda nei malavitosi di “quartiere”.

 

www.confcommercio.it; “Il Piccolo”, pag. 14  “Messaggero Veneto”, pag. 12