Gli ultimi undici anni, dal 2012 al giugno 2023, sono stati sinonimo di desertificazione per il commercio al dettaglio triestino, con la scomparsa di 565 attività, un’emorragia che è stata inarrestabile in particolar modo nelle zone lontane dalla movida e dal passaggio dei flussi turistici dove hanno abbassato le serrande 496 attività, a fronte delle 69 che sono state costrette a farlo altrove.
A renderlo noto è l’”Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici” di Confcommercio che ha l’obiettivo di fotografare il trend appunto di commercio al dettaglio, servizi di alloggio e ristorazione nei territori.
Guardando alle singole categorie, le perdite maggiori sono state registrate fra i negozi specializzati con offerta commerciale eterogenea, passati da 710 a 448, con un saldo negativo di ben 262 unità e da quelli che proponevano articoli culturali e ricreativi (-113, da 222 a 109).
Flessione disastrosa, complessivamente superiore al 50%, anche per il commercio al dettaglio ambulante dovuta per lo più alla scomparsa su larga scala di queste attività al di fuori dei centri storici (da 136 a 67), una dinamica che è stata propria anche dei punti vendita specializzati in apparecchi di uso domestico, con la chiusura di ben 50 imprese, sulle 57 realtà in totale perdute, ubicate appunto in rioni e periferie.
Contrazione più lieve, invece, per il dettaglio di alimentari e bevande (-35, da 246 a 211), i tabacchi (-18) anche se, in riferimento a quest’ultimo segmento, va osservato come sul mercato siano rimaste solo, o quasi, le realtà multiservizi e i distributori di carburante (-8).
In controtendenza, invece, il commercio al dettaglio esercitato al di fuori attività stanziali, banchi e mercati, passate da 41 a 63, mentre non si sono registrate variazioni di rilievo per gli esercizi che propongono articoli di informatica e per le telecomunicazioni.
Più frammentato, invece, il quadro che l’Osservatorio offre in relazione ad alberghi, bar e ristoranti, un macro-area produttiva che ha assistito ad un decremento (-53 unità, da 1.111 a 1.058) dettato, pure in questa circostanza, dalla desertificazione commerciale delle zone semiperiferiche (-87) che non è stata sufficiente a compensare il trend espansivo di quelle centrali nelle quali invece c’è stata una crescita (+34).
Dettagliando ulteriormente, si può rilevare come la diminuzione sia stata da ascrivere al venir meno di parecchi bar e ristoranti (rispettivamente -76 e - 30 aziende), con l’abbandono di 85 insegne in rioni e periferie per i primi e di 40 in relazione invece ai secondi.
Un andamento negativo cui non è sufficiente contrapporre quello, positivo, legato alle attività di alloggio extralberghiere, più che raddoppiate (da 42 a 88) e agli hotel (+7).
Come ha evidenziato il presidente della Confcommercio giuliana, Antonio Paoletti, per il rilancio delle imprese di prossimità sanno fondamentali le politiche di riqualificazione urbane previste nell’ambito del PNRR e soprattutto l’avvio dei Distretti del Commercio, una progettualità nell’ambito della quale l’associazione di categoria ricoprirà un ruolo di primo piano soprattutto in termini di giunzione fra imprese e istituzioni, coordinamento, formazione e supporto a tutto campo agli operatori economici e alle attività di vicinato in generale, fondamentali anche per la fruibilità sociale degli spazi comuni di quartieri e periferie.
“Il Piccolo”, pagg. 20/21